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L'abnegazione

Di questo passo, si apre il panorama a una più sofisticata condizione, dove, nell'interazione, si struttura una postura nella quale la negazione morale di sé assume, oltre a un indiretto esercizio del potere, anche un valore morale superiore: l'abnegazione. Questo fenomeno si esprime come sacrificio, nel quale un individuo persegue più scopi: il riscatto, l'acquisizione della fiducia, la fede, la dimostrazione e la redenzione. Similmente all'autocolpevolizzazione, l'abnegazione è un atteggiamento che viene usato nello stesso modo a fini manipolatori più o meno diretti. La differenza più evidente rispetto all'autocolpevolizzazione sta nella perpetrazione nel tempo di un atteggiamento più appariscente e continuativo nei comportamenti, non focalizzandosi in una relazione diretta tra due persone o situazionale. Troviamo frequentemente l'uso del potere morale dell'abnegazione in strutture religiose e filosofiche, dove essa diviene atto dimostrativo rappresentativo dell'universalità e della supremazia di una scelta. L'abnegazione, come esercizio del potere anche sul soggetto stesso che la attua, diventa una dimostrazione di forza e capacità, che prova l'efficacia positiva e morale del pensiero rispetto a una normalità giudicata moralmente e da superare. L'abnegazione esercita indirettamente il potere di essere un forte controllo su di sé e, di conseguenza, assume il supremo valore di modello morale-sociale. Questa elevata collocazione di valore oggettivo diviene un atto direttamente negatorio rispetto a chi non sposa quella scelta, attuando attraverso questa rappresentazione una discriminazione implicita e profonda, ma, soprattutto, inattaccabile e soggiogante.

 

 

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