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La conflittualità La conflittualità nel suo complesso e nelle sue molteplici forme può essere inquadrata secondo due polarità: interiore ed estroflessa. Dobbiamo ricordare che le dinamiche dell'aggressività divengono forme di conflitto esplicito quando domina l'emozione primaria della paura. Pertanto, in questo capitolo andiamo a trattare la cinetica comportamentale e comunicativa di questo fenomeno, e non il corrispondente motore, ossia la paura stessa. Qualsiasi conflitto si attiva in presenza di due forze contrapposte e, nel modello di mente qui proposto, si possono identificare precisamente nel binomio attacco/fuga delle dinamiche emotive primarie e nei vincoli culturali e sociali dell'area del Superego, dove attacco e fuga non sono quasi previsti. In altre parole, quando in una situazione la paura domina sull'attrazione (curiosità evolutiva) l'individuo non trova risposte funzionali al proprio stato emotivo (fuga o attacco) perché vede attivarsi una notevole pressione legata alle ragioni della razionalità e alle regole sociali e della “normalità” (codifiche linguistico-normative). Dobbiamo precisare che l'individuo che agisce una fuga o un'aggressione esplicite non entra in uno stato di conflitto, bensì aziona una spinta conservativa primaria. Le dinamiche coinvolte in questi comportamenti scaturiscono da fattori identificati e rappresentati nell'attività proiettiva; pertanto, dobbiamo distinguere l'azione aggressiva come esito diretto dello stato emotivo dall'aggressione conflittuale legata al conflitto tra lo stato emotivo e le istanze del Superego. Nel primo caso, l'individuo agisce in perfetto equilibrio funzionale; l'aggressione, qui, si attiva come diretta risposta a diretti stimoli ricevuti. Nel caso di una conflittualità psicologica, l'individuo agisce sulla spinta di una dinamica eminentemente proiettiva, quindi non legata direttamente a stimoli ricevuti. Le attività conflittuali dell'individuo scaturiscono da posture del modello emotivo non direttamente legate alla realtà. In un quadro sociale dove le codifiche linguistiche e normative sono in forte equilibrio con le attività reali che l'individuo svolge i dinamismi del comportamento risultano ben proporzionati anche nelle reazioni, come l'aggressione derivante da una spinta conservativa primaria. Al contrario, in una collettività sopraffatta da regole e normative l'individuo subisce un'alterazione profonda del modello emotivo e delle conseguenti strutture valutative, deformando sia l'attività proiettiva, che diviene sempre più irreale, sia l'attività valutativo-reattiva, che perderà il carattere di proporzione tra lo stimolo ricevuto e la reazione. In altre parole, in una cultura dove la morale prevarica l'etica, l'individuo altera l'insieme della propria capacità di valutare, a volte reprimendo una sana reazione e a volte, a seguito di accumulo, esasperando la reazione stessa. Potremmo concludere associando le spinte legate alle dinamiche emozionali primarie a una sorta di “volere”, mentre gli aspetti vincolanti legati alle regole di tipo sociale al “dovere”. La persona, quando vive un antagonismo tra ciò che vuole e ciò che deve, entra in uno stato conflittuale, proiettivamente distorto in simbolizzazioni e rappresentazioni di vario genere. Conflittualità interiore La conflittualità interiore si nutre e vive del sopracitato antagonismo, dove il “voglio” e il “devo” non trovano però un canale di uscita per proiettarsi verso l'esterno. Essa rimane rinchiusa nell'individuo poiché almeno uno di questi due fattori è profondamente inconsapevole oppure proibito. Troviamo questo assetto nelle dinamiche ansiose, dove il “voglio” rimane in una profonda inconsapevolezza, sommerso da dinamismi seduttivi del “devo” che vengono confusi con la soddisfazione (dinamiche della performance). Diversamente, nelle conflittualità della sfera sessuale il “devo” viene confuso con il “voglio”, identificando la soddisfazione nell'assunzione di un ruolo per cui la persona non potrebbe porsi diversamente. Possiamo dire che in ogni caso si attivano dinamiche di performance, con le loro caratteristiche di negatorietà e di fortissima alterazione proiettiva e rappresentativa. Concludendo, la conflittualità interiore, meglio nota come ansia, senso di colpa, angoscia e depressione, è una sequenza inconsapevole di forti dominanti della paura che focalizza sull'individuo la colpa e l'incapacità di reagire (vittimismo). Conflittualità estroflessa A differenza di quella interiore, la conflittualità estroflessa trova un canale di simbolizzazione e/o rappresentazione esterno all'individuo. La struttura del conflitto rimane la stessa, ma gli elementi del “devo” sono riconosciuti in qualcosa di esplicito e divengono la focalizzazione del disagio. In questa configurazione, le dinamiche ansiose vengono individuate e associate a precisi fattori scatenanti. Per questo stato, vi è un colpevole, ma rimane inconsapevole la negazione attuata verso il volere posto antiteticamente al dovere dal modello emotivo. Da un punto di vista esteriore, in questa tipologia di conflittualità l'individuo esprime e comunica palesemente il proprio disagio, attraverso alterazioni del metabolismo, somatizzazioni, irascibilità, permalosità e aggressioni esplicite. Concludendo, dobbiamo riconoscere che la soglia che differenzia queste due tipologie di conflittualità non è spesso così chiara e definita, bensì questi due orientamenti possono addirittura alternarsi nel tempo. In ogni caso, le dinamiche della conflittualità sono espressioni da considerarsi su un piano di analisi e di fattori comunicativi, e risultano totalmente ininfluenti se non devianti qualora considerate come nucleo problematico. Inoltre, solamente un osservatore allenato può identificarne la morfologia. |
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