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Non-Psicologica
 

Rappresentazione e schema delle categorie relazionali

Le relazioni umane hanno sempre uno scopo; esiste una relazionalità disinteressata? Possiamo rispondere affermativamente, qualora un individuo non inneschi alcun rapporto personale, nemmeno a livello mentale. Gli scopi che si perseguono non sono di tipo cognitivo, razionale o morale, ma principalmente conseguenti a bisogni di tipo emotivo e sociale. Tali scopi sono composti di due condizioni: una consapevole, in cui il soggetto focalizza un obiettivo, un risultato, una richiesta, e una inconsapevole, in cui il soggetto attiva e produce un dinamismo di comportamenti. Nella quotidianità, è facile osservare come non sempre gli obiettivi focalizzati consapevolmente vengano raggiunti; anzi, potremmo dire che quasi sempre i feedback ricevuti non corrispondono a ciò che si voleva. Ricordando che la grande maggioranza della comunicazione è costituita dalla parte non verbale (ossia: i comportamenti e i meta-comunicati), risulta che la relazionalità si basa e si sviluppa sulla parte che non siamo abituati/educati a percepire: i comportamenti. La percezione della postura emotiva individuale si basa sul flusso comunicativo dei comportamenti. Ricordiamo che la percezione di sé si struttura su base proiettiva, quindi su un concatenamento delle variazioni dei propri stati emotivi che guida cosa verrà percepito. Ciascun interlocutore, nel proprio proiettare, condiziona in parte la percezione dell'altro. Il risultato è che, oltre a comunicare le intenzioni implicite, attraverso i segnali emotivi, viene comunicato il livello di esperienza di ciascun soggetto intorno a ogni area esperienziale. In altre parole, quando ci esprimiamo su un argomento, la parte emozionale della comunicazione indica all'interlocutore quanto noi siamo stabili esperienzialmente (quanta esperienza abbiamo) intorno a quell'argomento, fornendo all'interlocutore la misura e il limite della relazione. A differenza della parte cognitiva della comunicazione, che vede la competenza e il sapere come valori oggettivi, la parte inconsapevole esprime un quadro estremamente diverso e più approfondito, che trascende l'oggettivazione e comunica l'individuale percezione di sé. In questo doppio livello, avvengono flussi di richieste e risposte di cui siamo frequentemente molto inconsapevoli. Riassumendo, spesso l'espressione verbale, per effetto della meta-comunicazione, contiene le parti autentiche di forza o paura che in quel momento si attivano nell'individuo. Pertanto, ogni individuo, all'interno di ciascuna relazione interpersonale, esprime, per ciascuna zona esperienziale, ampiezza e limiti.

Le aree esperienziali a cui stiamo facendo riferimento scaturiscono direttamente dai dinamismi proiettivi, che si configurano e si focalizzano in un sistema linguistico socialmente riconosciuto. Pertanto, considereremo come “sociale” l'area dell'esperienzialità su cui verte la capacità sociale dell'individuo di sviluppare relazioni, oppure, nel definire “fattori somatici e fisici” si intende la scala valoriale con cui l'individuo interpreta la propria e altrui fisicità come fattore comunicativo-selettivo. Ricordando che l'area dei feedback proiettivi della persona frequentata (area in azzurro) non rappresenta il/la partner o interlocutore, bensì unicamente la lettura dei feedback del soggetto proiettante (area in rosa), possiamo comprendere che l'intero dinamismo comparativo e compensativo delle aree esperienziali rappresenta il modello di instaurazione e di sviluppo delle strutture sentimentali. In base a questo schema, è quindi possibile inquadrare e interpretare i vari dinamismi di relazione, dove il soggetto proiettante identifica gli schemi comportamentali da applicare secondo i propri scopi (compensativi inconsapevolmente), con i quali arriva a pilotare la percezione di sé della persona frequentata. Riassumendo, ciascun individuo tende a perseguire inconsapevolmente lo sviluppo della propria identità esperienziale (derivato dal modello emotivo); in questo schema, vediamo rappresentato il criterio secondo il quale i bisogni reali della persona determinano la ricerca e la focalizzazione delle aree esperienziali da compensare e quelle elaborate, ossia già stabili. Pertanto, la relazionalità si svilupperà in modo tanto più soddisfacente quanto più coincidenti sono le differenze tra queste due aree rispetto all'interlocutore. Potremmo dire che ciascun “pettine” del diagramma (quello rosa e quello azzurro) rappresenta la compatibilità dei modelli emozionali dei soggetti coinvolti.

È necessario a questo punto ricordare quanto abbiamo esposto intorno ai bisogni. Il bisogno emotivo è un bisogno legato alle emozioni primarie ed è sempre attivo; a seguito di questo, nella strutturazione della linguistica supereogoica, si sviluppano i bisogni proiettivi. Tali bisogni sono tanto articolati quanto articolata è la complessità sociale e comportamentale che l'individuo porta con sé. Nell'area del Superego le emozioni si traducono in pensieri e comportamenti socialmente compatibili, sia che essi siano conformi alle disposizioni morali sia che ne trasgrediscano le regole. Un comportamento è compatibile solo per il fatto di essere concepito in seno a un sistema regolamentato. A seguito della dualità insita nella moralità (bene/male, positivo/negativo, conveniente/non-conveniente,...), i bisogni proiettivi sviluppano un'analoga polarizzazione, dove la funzionalità che vorrebbe soddisfare i bisogni primari viene deviata su stereotipi socialmente riconosciuti, in maniera di permettere al soggetto di focalizzare la soluzione al proprio stato emotivo. Questo avviene traslando la percezione dello stato emotivo stesso verso un ambito sociale, su simboli e stereotipi, che permettono di commutare il disagio in azioni che leniscano il disagio stesso. L'individuo focalizza quindi un “problema” e attinge agli stereotipi sociali nell'identificare la “soluzione”. In pratica, il comportamento diventa la compensazione del “problema” (comportamenti compensativi), nel quale la funzionalità si rivolge a compensare delle rappresentazioni di bisogni che risultano sublimati, in quanto si conformano alle codifiche comportamentali e alle gerarchie sociali. In altre parole, il bisogno emotivo primario di soddisfare una determinata relazionalità nel Superego viene a tradursi secondo una diversa scala di valori, divenendo un altro tipo di bisogno. Questo bisogno non più primario ma proiettivo-sublimato diviene la concezione non sempre realistica di un percorso per ottenere uno scopo (soddisfazione del bisogno proiettivo) che, essendo astratto e codificato, non soddisferà il bisogno primario e paradossalmente lo manterrà insoddisfatto.

Questo dinamismo si può riscontrare in tutti i comportamenti intenzionali, dove il conseguimento di un obiettivo regolarmente non soddisfa l'individuo, ma al contrario amplifica il bisogno e richiede ulteriori comportamenti compensativi. Accade, perciò, che i nostri bisogni emotivi primari vengano soddisfatti solo in parte e, nel contempo, si sviluppi una grande quantità di bisogni proiettivi, la maggior parte dei quali non si costituisce per soddisfare i bisogni emotivi primari, ma per conformarsi a moralità e condizioni poste socialmente, al fine di sostenere la legittimità e la normalità dei nostri comportamenti. Assistiamo, in questo senso, a un ribaltamento della scala valoriale, dove i comportamenti passano in secondo piano rispetto alla loro legittimazione, e l'astratto diventa più importante del concreto. Risulta che le proiezioni, come traduzione di un bisogno emotivo, generano dei comportamenti rivolti a compensare la rappresentazione nata nel Superego. Consideriamo quindi separatamente le proiezioni e i comportamenti compensativi conseguenti. Nelle proprie proiezioni, l'individuo comunica, emette e segnala gli ambiti esperienziali sviluppati e quelli non; nei comportamenti compensativi, invece, egli agisce i tentativi di compensare le lacune esperienziali. Questo insieme emerge in un panorama con evidenti contraddizioni, ma non dobbiamo trarci in inganno, poiché il motore che le genera ha un filo conduttore univoco: compensare le lacune delle esperienze emozionali. Ciascun individuo, quindi, quando si relaziona con altri comunica inconsapevolmente una grande quantità di informazioni, che vengono lette e interpretate dall'interlocutore, definendo i feedback e i livelli di empatia. Ciascun individuo cerca nell'altro “cose interessanti”, che, nella pratica, significa cercare qualcosa che l'individuo intuisce di non avere (attrazione degli opposti).

Nella relazionalità, l'individuo identifica e agisce dei comportamenti che diventano sempre segnali comunicativi, in base ai quali egli riceverà segnali di risposta dagli altri individui. I feedback ricevuti vengono interpretati dall'individuo secondo la sua propria scala proiettiva; pertanto, assistiamo a un interessante fenomeno: la “filtratura” in ingresso dei segnali secondo una codifica diversa rispetto a quella di chi li emette. Questa “filtratura” segue i canoni e i principi dell'emettitore nel momento in cui percepisce i feedback; proprio per la natura proiettiva dei contenuti, egli tende a mantenere un carattere astratto e quasi sempre cerca/deve oggettivare e verificare le proprie proiezioni. Il comportamento proiettivo si legittima deformando l'interpretazione del feedback; accade quindi che, a seconda dell'ambito dei nostri bisogni proiettivi, nel rapporto con le altre persone, andiamo a interpretare il feedback ricevuto come opportunità di compensazione. Se in un dato ambito, per esempio l'abilità sociale (socialità, nello schema), l'individuo emettitore della proiezione è dotato e performante, tenderà a sentirsi valorizzato dai feedback di persone con un più basso livello di capacità in questo ambito. Ricordiamo che, in questo esempio, l'individuo emettitore ha una socialità performante per effetto di un bisogno proiettivo, che identifica nelle performance di socializzazione la compensazione del bisogno stesso e che per questo effetto ha sviluppato una competitività specifica che lo porta a essere performante. Nello sviluppo delle proprie relazioni, il soggetto emettitore comunica e veicola, inconsapevolmente, le zone esperienziali più o meno elaborate (area rosa), le quali definiscono specularmente l'interesse nella lettura proiettiva dei feedback ricevuti (area azzurra). Questo doppio pettine risulta quindi un'indicazione su come avvengono gli sviluppi dell'empatia e/o dei conflitti. Ciascun soggetto, nella relazione, emette e interpreta i propri segnali secondo questo schema. Quando i due schemi risultano compatibili assistiamo al nascere dell'empatia; diversamente, le persone faticano a sviluppare la relazione.

Riassumendo, questo funzionamento dei comportamenti compensativi ci guida negli sviluppi delle relazioni, determinando un'enorme quantità di risposte emotive secondarie, dalla simpatia alla repulsione, fino all'innamoramento. Socialità, fluidità dell'aggressività, percezione della fisicità, comunicazione verbale e intellettuale, percezione visiva e sensoriale, scala dei valori attribuiti, livello di conformismo e status sociale, look e immagine di sé, fattori somatici e fisici, sono alcune tra le principali strutture di percezione e collocazione dell'identità di sé e degli altri; le definiremo categorie relazionali.

La maggiore abilità che un individuo ha in un determinato settore è conseguentemente un comportamento, ma, prima di tutto, è un assetto mentale, con tutti i linguaggi a esso correlati. Pertanto, il legame a incastri che il soggetto ha nelle attività sociali è la derivazione “a pettine” della personalità dell'individuo nel suo sistema proiettivo. In altre parole, nello sviluppo individuale, ogni individuo ha delle categorie relazionali con abilità più o meno sviluppate; questo determina che una categoria ben sviluppata diventa fenomeno socialmente attraente, mentre una categoria sottosviluppata richiede un'attivazione emotiva da parte dell'individuo per compensarne le lacune. Accade quindi che, nel rapporto tra due persone, questo assetto individuale determina molti livelli di attrazione e di relazione e stabilisce i modi in cui entrambi i soggetti si interpretano. In questo panorama, ogni individuo ha propri scopi relazionali ed evolutivi, che determineranno le specificità proiettive nell'interpretare i feedback dell'altra persona. Quando nelle relazioni le categorie hanno una discreta coincidenza “a pettine” (assetti compensativi opposti), la qualità dello scambio, la condivisione e la stabilità relazionale-affettiva avranno un effetto di continuità nel tempo; diversamente, gli individui tenderanno a evitarsi e/o a non innescare relazione. Utilizzando un proverbio di senso comune, gli opposti si attraggono, in quanto stimolano reciprocamente una possibilità evolutiva per ciascuno, ma non dobbiamo dimenticare che la percezione dell'altro è e resta un fenomeno proiettivo che caratterizza la dimensione di rappresentazione dei bisogni del “proiettante” (fenomeno reciproco tra gli individui). Osserviamo, quindi, che ognuno percepisce l'altro attraverso la propria lente, la quale determina cosa vedere. Un aspetto conseguente è che, similmente all'attrazione, la repulsione e la conflittualità seguono gli stessi schemi e si verifica quella condizione per cui noi rifiutiamo negli altri ciò che, almeno parzialmente, riconosciamo in noi stessi. Nella relazionalità tra due individui ognuno proietta sull'altro bisogni, aspettative e richieste, e a prescindere dall'effettiva realtà dell'individuo, ne interpreterà i conseguenti comportamenti di feedback. La relazione si manterrà stabile e soddisfacente fino a quando il soggetto della proiezione non muterà in diversa direzione i segnali comportamentali che restituisce. L'individuo proiettante può mutare anch'egli le proprie condizioni in quanto, evolvendo le proprie esperienze, si trova a modificare il proprio assetto compensativo “a pettine”. Ricordiamo che una volta che un individuo ha completato in modo esauriente un'esperienza, tenderà a non reiterare nuovamente quel determinato assetto proiettivo, modificando automaticamente le proprie attivazioni emotive e comportamentali.

 

 

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