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Non-Psicologica
 

 

Le emozioni e la loro funzionalità

Le emozioni e l'evoluzione identitaria

Contrariamente a una diffusa percezione di esse, le emozioni hanno una funzionalità e un potere straordinario. Cerchiamo di comprendere ora la funzionalità di base della nostra mente. Le emozioni dominano tutto il nostro pensiero e l'agire. Per capire questa cosa, dobbiamo guardare le funzioni primarie dell'istintualità. Come sappiamo, l'essere umano si è realizzato dapprima come animale durante milioni di anni; la sua condizione era soddisfare solamente poche esigenze: oltre alla sopravvivenza alimentare, biologica e riproduttiva, vi era la domanda riguardante l'ostilità o meno della situazione di ogni momento. Questa particolare condizione, dopo milioni di anni, è ancora attiva in noi. Per esempio, quando incrociamo una persona per la strada, automaticamente una parte della nostra attenzione è rivolta a percepire se essa è potenzialmente ostile oppure no. Del resto, è intuitivo che, se per milioni di anni questa era la priorità, la morfologia funzionale della nostra mente si è geneticamente strutturata in questa direzione. Per contro, è anche facilmente osservabile che la presenza attiva della razionalità nella cultura umana, con la sua complessità a noi nota, è assolutamente e relativamente giovane, qualche decina di migliaia di anni: troppo poco per mutare le funzionalità primarie.

La curiosità evolutiva e la paura

Per quanto se ne vogliano codificare le espressioni, le emozioni si riducono sostanzialmente a due: la spinta evolutiva (la curiosità) e la paura. Noi le conosciamo nella quotidianità nella loro dimensione espressiva, perciò ne abbiamo nomenclato una grande quantità di denominazioni e definizioni.

Partiamo dall'emozione della curiosità evolutiva. Essa, che potremmo anche definire "attrazione", è costantemente attiva, con intensità diverse, e determina il nostro automatismo nel fare le cose, nel crescere e nel relazionarci in continuazione all'ambiente e all'entourage. La sua funzione primaria è quella di generare l'ambientazione dell'individuo che si completa nell'attivazione di tutto il sistema sensoriale in relazione all'ambiente e agli altri. Pertanto, questa attivazione coinvolge l'adattamento psicomotorio, biologico-immunitario, biologico-alimentare, cinetico, sociale e linguistico, eccetera, al fine di ottenere la stabilità e la rassicurazione sulle proprie abilità e limiti. Questa emozione, per sua struttura, tende a portare l'ambientazione e la sperimentazione dell'individuo sempre verso i limiti; quindi, in una misura superiore al necessario nella quotidianità, con la funzione e l'obiettivo di consolidare l'ampiezza della capacità di compiere una data azione. Dobbiamo considerare che l'esperienza individuale si stabilizza nell'identità qualora essa sia stata sperimentata in tutta la sua ampiezza, dalle forme minori e delicate alle forme più forti e intense. Questo processo si compie a prescindere dalla qualità del risultato: vengono registrate le azioni che hanno un compimento soddisfacente, così come quelle che hanno come esito un effetto non soddisfacente. La “curiosità” evolutiva di per sé sarebbe ingestibile se a bilanciarla non intervenisse l'altra grande emozione: la paura. Essa è come uno dei due piatti di una bilancia che interviene a vari gradi a regolamentare la tendenza non autolimitante della curiosità evolutiva. La paura è quindi un'emozione "regolatrice", che ha la funzionalità di preservare l'individuo dai passi falsi e dagli errori, che in natura sarebbero irrimediabili. È facile comprendere come questi due opposti emotivi determinino il reale grado di attività evolutiva della persona. Nei rapporti umani, l'interazione e i processi relazionali vengono modulati dall'equilibrio di queste due componenti. Se in un individuo è dominante la curiosità evolutiva, la sua capacità di sviluppare la propria identità sarà determinata dalla disponibilità a effettuare nuove esperienze e a sperimentare le proprie abilità; diversamente, se egli è dominato dalla paura, essa tenderà a condizionare e a inibire ogni possibilità esperienziale, generando una deformazione della capacità percettiva di sé, degli altri e del contesto, producendo delle lacune che vengono compensate con un'attività astratta e proiettiva difforme dalla realtà.

Emozioni e sentimenti

A questo punto, dobbiamo operare una distinzione tra emozioni e sentimenti, poiché nella nostra cultura essi mediamente sono molto confusi, non solo a livello filosofico, ma soprattutto a livello di percezione di noi stessi. La differenza è gerarchica: le emozioni agiscono sotto la spinta di un'“esperienza emotiva” e non sono reprimibili, mentre i sentimenti si producono a seguito del bilanciamento tra paura e curiosità evolutiva. Essi, successivamente, si arricchiscono/vestono di strutture culturali e di stereotipi (la rabbia, l'ansia, la bontà, il sentirsi vittima, la pietà, l'amore, eccetera). I sentimenti, a differenza delle emozioni, nella complessità della loro strutturazione,sono il risultato di un'esperienza non sempre individuale; pertanto, essi sono "conseguenza" della dinamica emozionale. Possiamo quindi senz'altro affermare che soffermarsi sui sentimenti senza la comprensione delle dinamiche emozionali che li generano non conduce ad alcuno sviluppo nella comprensione di sé e degli altri.

In conseguenza a quanto finora esposto, possiamo affermare che le nostre emozioni generano comunicazione, che raramente si definisce nella comunicazione verbale, prediligendo invece la metacomunicazione (comunicazione non verbale) e i comportamenti. Essi, per quanto sia difficile da cogliere, sono un contenuto comunicato. Nel proprio sviluppo identitario, ogni persona pone la massima attenzione nell'acquisire l'insieme dei linguaggi normativi e comportamentali della propria comunità. Tale acquisizione avviene attraverso l'associazione tra i suddetti comportamenti e lo specifico equilibrio della dinamica emozionale. Il completamento dell'identità avviene sotto la guida lineare della ripetizione sistematica delle componenti del modello emotivo, che prevede un preciso bilanciamento o sbilanciamento dell'equilibrio emozionale, il quale produce la comunicazione e i comportamenti previsti dal modello stesso. È facile intuire, però, come questo automatismo comportamentale sia comunque inscindibile dalle emozioni che ne hanno convalidato la funzionalità. La comunicazione, per quanto sia automatizzata in un adulto, non avviene senza l'attenzione vigile del discernimento emotivo, che comunque ne verifica l'efficacia e i feedback. Nell'incrementarsi della sovrastruttura linguistica e comunicativa, le emozioni sono un motore sotterraneo che non siamo abituati ad ascoltare benché onnipresente. Alcune volte, l'equilibrio variabile tra queste due emozioni (curiosità come attrazione e paura come repulsione) viene percepito come un conflitto, ma non dobbiamo per questo intenderlo come un aspetto problematico/patologico; al contrario, bisogna comprendere come esso manifesti una difficoltà di orientamento nella valutazione tra l'area di interesse e il timore delle conseguenze. La curiosità evolutiva è uno stimolo all'acquisizione delle esperienze, ma è generata, contestualmente, dal bisogno primario di verificare le proprie abilità o la propria inadeguatezza. Quanto stiamo identificando nell'area dell'attività emozionale, ha una diretta ripercussione nelle attività fisiche e motorie. Queste due emozioni attivano, infatti, in maniera distinta, due aree interattive primordiali, che sono l'apparato muscolare e le viscere (cervello enterico, o secondo cervello - Michael Gershon - Columbia University “The Second Brain”). Il primo si attiva quando allo stimolo ricevuto è prevista, nell'area dell'esperienza, una risposta fisica. Di conseguenza, avviene che la scarica di adrenalina mette immediatamente in moto l'individuo, che compensa attivamente, con l'azione, le esigenze prodotte dallo stimolo stesso. L'area delle viscere, invece, si attiva quando lo stimolo emotivo si sviluppa a partire da un'evocazione astratta, rispetto alla quale non è esperienzialmente previsto un tipo di reazione immediata e diretta. Queste due aree possono essere anche stimolate contemporaneamente; nella nostra percezione verrà solo identificata una generica rappresentazione di paura.

Sostenere che tutte le emozioni possono essere ridotte alla paura e alla curiosità evolutiva non significa affatto ridurre l'espressività emotiva individuale, ma solo cercare di capire quale è la combinazione di queste due pulsioni che sta alla base di un qualsiasi altro stato del sentire umano. Prendiamo in esame, per esempio, la gioia. Essa è un preciso equilibrio emotivo (sentimento) legato al soddisfacimento di un determinato bisogno che giunge inaspettato ed è legato a una forma di competitività (non a caso gli animali interpretano molte manifestazioni di gioia dell'uomo come segnali di allarme aggressivi, come il sorriso o la risata) e si sviluppa solo in un contesto sociale, di comunicazione con gli altri. Tanto più inaspettata è la situazione che determina il mio soddisfacimento, tanto più forte è l'entusiasmo che ne deriva. Per esempio, io sono felice se viene alleviata la mia paura di essere inadeguato ed è per questo che lo devo comunicare; al contrario, sarò infelice se i fatti dimostrano la mia inadeguatezza sociale. È difficile vivere la gioia in solitudine, si tenderà a volerla comunicare, in quanto è un sentimento legato alla codifica sociale e alle sue rappresentazioni di bisogni e premi. Raramente, quindi, la gioia rimane un vissuto emotivo interiore, poiché è legata al soddisfacimento di una forma ansiosa derivata da un sistema di dinamiche sociali che produce una competizione su tutti i livelli. Anche la felicità, così come il suo opposto, ossia l'infelicità, sono intimamente legate alla comunicazione sociale di successo o inadeguatezza.

Funzionalità dei sentimenti

Quale è la funzione dei sentimenti? E il loro funzionamento attivo? La funzionalità delle emozioni non muta ed è quel processo che intende mantenere l'individuo in uno stato di ambientazione ottimale rispetto al suo contesto. Pertanto, l'alternarsi dell'emozione della curiosità evolutiva e della paura è il continuo misurarsi e percepire la propria adeguatezza. Questo dinamismo risulta semplice e perfetto in un ambiente elementare, ma soffre di difficoltà in un ambiente riccamente articolato e sofisticato come quello umano. Accade perciò che le emozioni, per riuscire a misurare e percepire la propria adeguatezza, debbono adottare ulteriori strutture “metriche”, che vengono configurate in base ai linguaggi sociali e alle loro relative scale di valori. L'individuo si sente adeguato al proprio contesto sociale attraverso l'uso di simboli e ritualità specifiche legate in modo diretto o in modo inverso (trasgressivo) a una comunità. Le emozioni si arricchiscono diventando sentimenti, comprendendo e includendo le rappresentazioni e i simboli sociali: un conglomerato che la collettività condivide e tramanda come univoco e universale. Questa univocità semplifica molti aspetti comportamentali che altrimenti ogni individuo dovrebbe esperire in maniera diretta ed esauriente, abbreviando e rassicurando la persona che, adottando quel comportamento, otterrà determinati risultati. Le emozioni, nel momento in cui si sovrastrutturano, vedono ridotta la loro funzionalità originaria e l'individuo, di conseguenza, trova una scorciatoia nell'adottare questi conglomerati sentimentali, con l'intento di soddisfare in maniera rapida e sicura i propri bisogni.

Possiamo quindi definire i sentimenti come un insieme linguistico subordinato a dei bisogni emotivi dove, purtroppo, spesso la congiunzione tra i bisogni primari e la realtà viene a distanziarsi. L'individuo agisce un dato sentimento nel tentativo di adeguarsi alla codifica dell'ambiente in cui vive, tentativo che porta a effetti che non sempre coincidono con il proprio reale bisogno di processo evolutivo. I sentimenti, infatti, sono spesso permeati di forti strutture morali, come ad esempio “l'amore è sempre giusto”, altresì “il dolore è sempre negativo”, il che ne evidenzia un carattere fortemente astratto e ideologizzato, che rende il sentimento inabile a soddisfare i bisogni evolutivi della persona. Questa frattura tra i bisogni e la rappresentazione sentimentale è facilmente identificabile quando osserviamo in maniera distaccata l'esternazione sentimentale altrui.


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