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Il dinamismo della Performance In ogni azione che compiamo è possibile individuare una serie di scopi, alcuni espliciti e consapevoli, altri impliciti e inconsapevoli. Quelli espliciti riguardano le conseguenze dirette che si vogliono ottenere da quella determinata azione; gli scopi impliciti sono invece legati alle posture emozionali che spingono inconsapevolmente l'individuo a perseguire gli obiettivi espliciti. E' importante fissare questo concetto di base: le posture emozionali del modello emotivo determinano coattivamente l'identificazione degli obiettivi espliciti. Gli scopi che si perseguono, inoltre, non hanno solo un valore per colui che li persegue, ma, assai spesso, sono identificati e cercano una condivisione nell'entourage, che sancirà un giudizio sulla performance individuale, a seconda che l'obiettivo sia stato raggiunto o meno, e a seconda di come esso è stato eventualmente raggiunto. Il livello di interdipendenza tra l'individuo e la propria comunità di appartenenza indicherà la drammaticità e l'importanza che questo giudizio comporta nella percezione di sé della persona. Non dobbiamo dimenticare che, nell'ambito della performance, l'individuo ha un assetto ipervalutante, che lo porta a individuare e collocare gli altri individui e la loro relazionalità in una scala valoriale, competitivamente migliori o peggiori, più o meno competenti, più o meno importanti, proiettati al di sopra o al di sotto di sé. In questa collocazione, l'individuo si trova ad agire in conseguenza, o subordinandosi emotivamente verso i soggetti ritenuti al di sopra e ricercando il loro feedback o non subordinandosi emotivamente nei confronti di chi viene ritenuto al di sotto. A questo punto è possibile distinguere due condizioni: una prima, in cui l'individuo non si subordina al giudizio del proprio entourage e una seconda, in cui l'individuo subordina i propri scopi e le proprie azioni all'idea preventiva sul giudizio che gli altri potrebbero formulare nei confronti del suo operato. Spesso l'individuo non riesce a individuare la sottile differenza tra l'azione compiuta per il proprio benessere e l'azione compiuta nell'intenzione di dimostrare la propria capacità, e confonde le due direzioni che invece sono opposte. Nel primo caso, l'individuo persegue scopi e obiettivi con una progettualità atta a soddisfarli in modo efficace, senza percepire un conflitto tra la propria performance e un obbligo/dovere esterno. La parziale indipendenza emotiva dall'entourage non attiva la ricerca dei feedback sul proprio operato; l'individuo percepisce se stesso in un equilibrio tra azione, efficacia e le proprie abilità. Tuttavia, quando alcuni membri del proprio entourage, considerati di scarso rilievo, inviano feedback valutativi positivi nei confronti dell'operato, l'individuo performante si trova nell'impossibilità di trarne soddisfazione. Questi segnali vengono percepiti come un elemento di disturbo, imbarazzo e fastidio, in quanto devianti, rispetto alla propria focalizzazione dell'obiettivo della performance, verso dinamiche seduttive laddove esse non sono richieste. Se, invece, rispetto allo svolgimento delle proprie azioni, prevale l'emozione primaria della paura, l'individuo si troverà nella condizione di ricercare conferme da parte del proprio entourage. Infatti, egli cercherà, almeno apparentemente, secondo il doppio livello dell'intenzionalità, di agire in modo da ricevere come feedback la conferma della propria bravura. Tuttavia, poiché nel caso di prevalenza della paura, l'assunto inconsapevole di base è la propria inadeguatezza, possono verificarsi tre casi: o le conferme ricevute come feedback dall'esterno saranno insoddisfacenti da un punto di vista quantitativo, o lo saranno dal punto di vista qualitativo, oppure esse verranno richieste laddove l'unico feedback disponibile è la negazione delle proprie capacità. Dobbiamo ricordare che, in quest'ultimo caso, la negazione della conferma delle proprie abilità in realtà soddisfa l'assunto di partenza della propria inadeguatezza, dunque la negatorietà come fenomeno si struttura come conferma, legittimazione e autoalimentazione delle proprie paure. In questo senso, l'individuo si sentirà obbligato (anche se apparentemente agirà credendo di scegliere la propria condizione) ad agire performance sempre più eroiche, sul piano esplicito nella speranza di venire confermato delle proprie abilità, ma sul piano implicito nella convinzione che questo non può avvenire. Questo meccanismo tende a cristallizzarsi nel momento in cui è stato assorbito un modello emotivo familiare fondato sulla negatorietà; l'individuo sviluppa così un bisogno compensativo della propria paura, che, però, essendo governata da essa, tenderà a riprodurre il medesimo schema, pur vestendosi esteriormente del tentativo di controllarla, governarla, superarla: un circolo vizioso che porta ad un profondo disorientamento.
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