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Il senso di colpa

Il senso di colpa è la conseguenza di un processo di emozioni e sentimenti; questo agglomerato ha alcune differenze negli ingredienti che cambiano a seconda della nostra cultura di appartenenza (di tipo europeo-continentale cattolico, anglofona protestante oppure orientale) e del nostro modello emotivo. Il senso di colpa discende da una visione "morale" di buono o cattivo, positivo o negativo. Esso, per sua natura, germoglia con vigore in quelle persone che hanno un forte condizionamento culturale a carattere morale. Possiamo rintracciare una proporzione direttamente collegata all'educazione ricevuta, con particolare riferimento alle dinamiche della paura. La moralità è una condizione che si sviluppa in proporzione alla paura che si ha di sbagliare. Più l'educazione dell'individuo ha ricevuto dei limiti per paura di qualcosa, più l'inidividuo svilupperà moralità e, coseguentemente, forti sensi di colpa. E' interessante notare come chi soffre di senso di colpa ha sempre difficoltà a compiere azioni e fare scelte. Risulta che il senso di colpa immobilizza la sua vittima.

Senso di colpa e matrice culturale

Analizziamo anzitutto come possiamo riconoscere una sorta di archetipo di senso di colpa a seconda della cultura di appartenenza, tenendo comunque conto delle differenze individuali. Nella cultura europea cattolica abbiamo un idealtipo collettivo di eroe sacrificale che vede il conseguimento degli obiettivi attraverso il sacrificio e la propria morte. Laddove nelle culture orientali l'elevazione passa attraverso la liberazione dal legame con i beni materiali (mediante la conoscenza e l'esperienza), nella storicamente più giovane concezione cattolica assistiamo all'elevazione attraverso la negazione non legata all'esperienza, ma a un rifiuto astratto di tutto ciò che non sia spirituale, generando una sofferenza rappresentata come redentrice. L'eroe cattolico è colui che muore nella negazione dei bisogni collettivi concreti e di se stesso, sancendo in questo modo la totale e inappellabile inadeguatezza di chi non si sacrifica in quel modo. Nel mondo anglosassone e anche in quello ebraico, la figura dell'uomo di valore non si fonda sulla sua morte, ma sulla sua capacità di superare prove, terrene o divine che siano, in un quadro dove la persona ha sempre la possibilità di redenzione senza passare da una negazione e dove la morte non rappresenta la negazione della vita ma un simbolo di continuità.

Nella cultura cattolica, la morte è associata all'assenza e il dolore che ne deriva è incolmabile; la memoria del defunto è delegata alla mera rappresentazione tombale, laddove nel mondo anglosassone la morte è associata a un evento sociale e in esso si costruisce la rappresentazione della continuità nella memoria del defunto. In una cultura dove l'individuo è persona degna solo con l'abnegazione, il soggetto che non riesce ad adeguarsi a questo stereotipo è sempre inadeguato e, soprattutto, peccatore. Ne risulta che, in buona sostanza, la persona, che nasce con il peccato originale (non si capisce più il perché visto che Adamo ed Eva sono stati riconosciuti come una metafora allegorica e non come fatto reale del peccato), vive in un mondo dove tutte le sue azioni e i suoi scopi sono in fondo peccaminosi e sbagliati. Questo panorama determina il fatto che, qualsiasi sia il nostro stile di vita, esso è sempre soggetto a giudizio e la paura preconcetta di sbagliare genera la rappresentazione preconcetta della colpa. In questo senso, l'individuo percepirà un contrasto insanabile tra i suoi desideri, considerati proibiti o sbagliati, e i doveri imposti dalla società che non lo possono rappresentare e gli inibiscono l'esecuzione di esperienze, e quindi l'evoluzione emotiva. A questo punto, il senso di colpa viene a strutturarsi come una sorta di censura e di blocco ogni qual volta siamo portati al soddisfacimento di bisogni definiti egoistici.

Spesso il senso di colpa è inconsapevole, poiché ormai è stato introiettato all'interno dei modelli sociali. Come molti altri studiosi hanno osservato (da Freud a Marcuse, da Elias alla Scuola di Francoforte), questo senso di colpa provoca un disagio che ha come conseguenza una repressione della propria spinta vitale e delle espressioni fondate sul desiderio, siano esse di natura aggressiva, erotica o inerenti alle proprie capacità. Il senso di colpa risulta inoltre intrinseco alla società stessa e al suo sviluppo in forme sempre più rigide legate a una distinzione categorica e indiscutibile di giusto e di sbagliato. L'individuo si troverà quindi a combattere dentro se stesso, nella speranza di adeguarsi ai modelli presentati come vincenti e corretti, permanendo al contempo in uno stato di perenne insicurezza e soprattutto di inadeguatezza, perché contemporaneamente non può spegnere del tutto la voce dei propri desideri che vengono quindi antagonizzati. Questo conflitto genera diverse forme di sofferenza, che molto spesso sfociano nel ventaglio dei comportamenti ansiosi e nelle forme molteplici di somatizzazioni patologiche.

Senso di colpa e modello emotivo

Da un punto di vista delle dinamiche emotive individuali, dobbiamo comprendere che il senso di colpa va inquadrato in due condizioni distinte: la prima come conseguenza funzionale di un errore del quale la persona si dispiace, la seconda come fenomeno di alterazione emozionale che esaspera la distorsione proiettiva della percezione di se stessi. Questa distorsione, che l'individuo soffre perché continuamente attiva nella quotidianità, nasce a partire dall'assetto del modello emotivo e si definisce e consolida come senso di colpa nello sviluppo dell'identità nelle successive fasi di infanzia, pubertà e adolescenza. Il senso di colpa è uno dei dinamismi che si sviluppa quando nel modello emotivo individuale prevale la dimensione della paura preventiva rispetto a quella della curiosità evolutiva. Il dominio della paura preventiva definisce nel bambino una predisposizione che inibisce la capacità di compiere ed elaborare esperienze. Egli esprime quindi la paura di sbagliare, che, dapprima, è una modalità lineare di comunicazione rivolta a ricevere un feedback su un comportamento o una sensazione; successivamente, questa paura preventiva si consolida in una serie di automatismi radicati, dove l'individuo è certo della propria presunta inadeguatezza, a prescindere dall'ipotetico feedback. Come è noto, l'individuo che soffre di senso di colpa non potrà dismetterlo anche nel caso in cui i feedback reali ricevuti smentiscano il senso di colpa stesso. Spesso la dimensione conseguente alle paure viene definita come “insicurezza”, ma, in questo quadro, comprendiamo come sia una rappresentazione errata, in quanto l'individuo in realtà sviluppa una solida certezza nei confronti della propria inadeguatezza. Questa contraddizione nasce dal fatto che l'individuo esprime la negazione certa di sé prodotta dall'inadeguatezza, ma, nel comportamento, questa si traduce in richiesta di conferme che ne mutano la percezione in insicurezza. Il senso di colpa si sviluppa sostenuto da modelli familiari fortemente negatori e si consolida nell'età scolastica per effetto della negatorietà culturale.

Senso di colpa come dinamismo seduttivo

Nella trasmissione tra l'entourage e il bambino del modello emotivo, avviene anche il trasferimento dei modelli comportamentali. Una parte di essi riguarda la capacità di attrarre, che viene veicolata attraverso i dinamismi seduttivi. Quest'area è particolarmente complessa; ciò che ci interessa ora è analizzare l'uso funzionale del senso di colpa che, a volte, l'individuo utilizza inconsapevolmente per ottenere attenzioni. Nei fenomeni comportamentali della relazionalità, assistiamo al seguente dinamismo: la persona, che prova il senso di colpa, si dimostra, con vari atteggiamenti verbali e non verbali, intimamente pentita e/o ferita e/o in attesa di punizione; la persona che interagisce con questo individuo prova, nella maggior parte dei casi, compassione, adottando comportamenti di attenzione e consolazione. La situazione che si sviluppa vede il realizzarsi di una trasmissione diretta tra chi prova il senso di colpa e chi si accende di compassione, laddove il ricevente condivide lo stesso stato emotivo. Questo avviene poiché il ricevente si dispiace del dolore provato dall'altro, in una percezione proiettiva di questa sofferenza, alla quale il ricevente tenterà di opporsi. Il consolidarsi del senso di colpa come dinamismo seduttivo avviene nello sviluppo dell'identità infantile, quando il bambino, sperimentando ed emulando i comportamenti che percepisce dagli adulti, scopre che il depotenziamento di sé ha un potente effetto sull'entourage.

Senso di colpa: è possibile liberarsene?

Come abbiamo compreso, il senso di colpa è la conseguenza di un assetto emozionale primario e la negatorietà strutturata nell'entourage. Ne risulta che l'assetto emozionale può essere fatto evolvere attraverso opportune attività che permettono all'individuo di identificare e modulare le proprie emozioni primarie. Parallelamente, sarà necessario comprendere concretamente i fattori della negatorietà culturale attraverso i quali avvengono le alterazioni delle dinamiche emotive relazionali. Dobbiamo focalizzare che le dinamiche emotive e la negatorietà culturale producono proiezioni e comportamenti che alimentano e potenziano il senso di colpa nella direzione dell'immobilità e della depressione.

 

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