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Il rapporto tra limbo e corteccia Nell'analisi del modello emotivo relazionale nelle sue varie componenti, è necessario introdurre da un punto di vista biologico la struttura del cervello e il suo rapporto con le componenti razionali e quelle emotive. Al fine di comprendere la rilevanza di queste ultime e la loro capacità di causare le azioni ben più della codifica razionale, è bene accennare alla struttura del cervello e alle sue gerarchie. Anche da un punto di vista storico, le emozioni hanno una precedenza indiscussa sulla razionalità, che si è venuta a sviluppare solo in un secondo momento. Per secoli, gli esseri umani hanno fatto affidamento solo sui propri istinti e sulle proprie reazioni animali per sopravvivere in un ambiente ostile. Solo con l'avvento delle prime comunità di individui, gli esseri umani hanno iniziato a codificare un sistema linguistico e normativo che semplificasse complesse relazioni sociali. Vediamo come anche a livello biologico si possono distinguere l'area delle emozioni dall'area della razionalità. Nel cervello, infatti, bisogna distinguere la corteccia cerebrale da una componente subcorticale. Come ormai è noto, la corteccia, che avvolge come un manto tutto l'encefalo (a differenza di altre specie animali), è il luogo dove avvengono la maggior parte delle attività razionali (capacità deduttive e di calcolo), mentre gli aspetti più istintivi ed emotivi hanno luogo nella parte più profonda del cervello stesso, la componente subcorticale, che ha inoltre il compito di regolare tutti gli aspetti “automatici” della vita, come per esempio il battito cardiaco. Essa, come già accennato, è la parte più antica; il sistema limbico, che è una regione di essa, è in particolare la zona deputata alla vita emotiva dell'individuo. Non bisogna però immaginare il cervello come un insieme di stanze “chiuse”, ognuna con un compito specifico, in quanto ogni volta viene coinvolto l'intero encefalo (per esempio, la corteccia può quasi immediatamente moderare o accentuare uno stimolo proveniente dal sistema limbico); si può affermare che il cervello è una sorta di rete, dove, per determinate funzionalità, ci sono dei circuiti predominanti. È chiaro che, per precedenza cronologica e funzionale, il sistema limbico risponde per primo agli stimoli rispetto alla corteccia; è possibile rendersi conto di ciò quando si agisce istintivamente di fronte a un pericolo: si frena la macchina prima ancora di rendersi conto razionalmente che sta per avvenire un incidente (fenomeno della “visione cieca”). Il sistema limbico è formato da diverse parti, tra cui l'ippocampo, la corteccia cingolata, ma soprattutto l'amigdala, che è la protagonista indiscussa nella lettura e interpretazione degli stimoli sensoriali. Non è un caso che, attraverso diversi studi, si sia dimostrato che in un qualche modo l'amigdala entra sempre in gioco quando si provano le emozioni primarie della paura e della curiosità evolutiva. Proprio perché essa si attiva ogni volta che si presenta uno stato emotivo di paura, reale o anche solo evocato, si è spesso definita una sede della memoria emotiva: basta che ci si trovi alla presenza di qualcosa che in passato ha procurato una conseguenza dolorosa, che subito si prova paura anche quando l'oggetto, la situazione o la persona che evocano quella condizione passata sono assolutamente innocui. L'amigdala può essere “educata”, nel senso che, sottoposta al continuo variare dei feedback, “è disposta” a mutare i propri automatismi. Essa ha un ruolo decisivo anche nel processo di consolidamento della memoria, che sembra avvenire durante la fase REM; non a caso, la memoria non si consolida come un patrimonio oggettivo: i ricordi sono sempre soggettivi e quando si “depositano” vengono sempre associati a una particolare emozione. Si tendono, infatti, a ricordare maggiormente i fatti che si sono accompagnati a grandi emozioni, in quanto la “precedenza” nell'immagazzinare le esperienze è data dall'importanza rispetto al criterio di sopravvivenza e non considera la cronologia; un fatto particolarmente negativo viene ricordato più di altri perché legato al senso dell'autodifesa, e la sua dimenticanza comporterebbe un aumento di rischi con un maggiore dispendio di energie nell'adottare comportamenti di prudenza e difesa preventiva. Un altro aspetto particolarmente interessante riguarda come giungono gli stimoli nervosi al cervello a partire dai sensi, perché permette di comprendere come la propria percezione sia pregiudicata fin dall'inizio da determinati parametri e non possa quindi cogliere la realtà come complesso oggettivo ma come porzione interpretata. Edoardo Boncinelli ha ben spiegato questo fenomeno: “L'informazione catturata dai sensi si origina già in maniera codificata attraverso un meccanismo di codifica digitale estremamente efficiente e piuttosto selettivo, quasi drastico direi. I nostri sensi non sono interessati a tutto e a tutto nello stesso grado, ma nello stesso tempo non possono permettersi di perdere segnali vitali, anche se di bassissima intensità, e non possono indugiare a interpretare troppe sfumature.”1 L'attività sensoriale è la parte più animale e istintiva, e in quanto tale ha una funzionalità ben precisa: orientare l'individuo ad agire con prontezza più che a comprendere in modo esteso e dettagliato (questo per il retaggio di sopravvivenza allo “stato di natura” dell'uomo primitivo). Diversi studi nel campo della neuroeconomia, hanno dimostrato che, nei processi decisionali, intervengono due sistemi differenti, basati su attivazioni neuronali preferenziali: uno basato sulla ratio e uno sulla parte emotiva (i cosiddetti S1, o sistema euristico, e S2, o sistema analitico). È stato inoltre approfondito in alcune ricerche come effettivamente, perfino per quanto riguarda scelte di tipo economico sul denaro (che, intuitivamente, dovrebbero essere quelle maggiormente sottoposte alla codifica razionale), risultano più efficaci le decisioni prese “di pancia” e non quelle “di testa”. Kahneman e Tversky hanno dimostrato, già negli anni Settanta, che la razionalità dell'essere umano è fortemente limitata, e si appoggia sempre a una serie di intuizioni immediate e istintuali. 1E. Boncinelli, Mi ritorno in mente, Longanesi, Milano 2010, p. 44.
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