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Non-Psicologica
 

tabella dei modelli emotivi

diagramma relazionale a pettine

grafica modello emotivo

 

Il ri-orientamento del modello

L'individuo in difficoltà agisce in una dato modo perché non ha modelli alternativi
La destrutturazione della visione proiettiva dell'individuo

Evoluzione e reazione dell'entourage
Generazione della visione di sé

L'individuo in difficoltà agisce in una dato modo perché non ha modelli alternativi

L'individuo in difficoltà, per effetto della struttura normativa del modello emotivo, tende a focalizzare alcuni problemi e a produrre simbolizzazioni su cui verte la focalizzazione problematica. Il soggetto si trova quindi a produrre proiettivamente una realtà imperniata di problematiche e simbolizzazioni relative, attorno alle quali ruota la strutturazione di comportamenti, segnalazioni, interpretazioni di feedback e, in sintesi, la legittimazione del proprio stato. Ne risulta che la maggior parte della percezione di sé è focalizzata nel rapporto problema-soluzione proiettivo. Spesso, quando si chiede a una persona di definirsi e di raccontarsi, essa sviluppa rapidamente la rappresentazione delle proprie problematiche come fattori identificativi di se stessa. Questo impianto che produce il connotato dell'individualità ha un effetto particolarmente attivo nella percezione e interpretazione di tutti i segnali comunicativi e relazionali. Un linguaggio basato su una percezione problematica di sé e della propria vita andrà a deformare la percezione, la comunicazione e l'interpretazione di tutti i fattori valoriali delle relazioni umane del soggetto. Come possiamo però identificare facilmente, nello sviluppo della personalità i fattori dominanti in gioco hanno precedenze diverse, che partono con lo sviluppo della personalità emozionale e solo successivamente l'individuo apprende le linguistiche e le normative. Il bambino in prima istanza assorbe il quadro emozionale dei dinamismi relazionali; solo in seguito integrerà nell'infanzia e nell'adolescenza le strutture culturali e comportamentali.

Proprio nella primissima fase della vita, il bambino assorbe indistintamente associazioni e reazioni emozionali così per come esse vengono poste e dinamizzate da chi sta intorno, a prescindere dai ruoli e identità attribuiti dagli adulti. Il risultato di questo è il definirsi di una matrice emozionale con una particolare morfologia, la quale implica una serie di orientamenti relativamente definiti. Questa diramazione di strade percorribili troverà ulteriori assestamenti e definizioni nel successivo sviluppo del bambino, dell'adolescente e poi dell'adulto. L'elemento che qui interessa evidenziare è la strutturazione e la conseguente limitazione delle alternative possibili; con questo non vogliamo intendere che vi sia un destino ineluttabile per ognuno, ma che ci sono degli orientamenti precostituiti in base al modello emozionale acquisito, il quale può eventualmente evolversi e svilupparsi in base a esperienze che incidano in maniera incoerente con il modello stesso. Un modello emozionale apre la percezione ad altri dinamismi qualora nella realtà percettiva del soggetto si produca una significativa alterazione della stabilità di una data area del modello. Quando si verifica questa condizione, l'intera area del modello emozionale viene automaticamente posta in rielaborazione e l'individuo attiverà grandi risorse per ottenere un adeguamento dell'area emozionale pertinente. La persona che prima di un dato evento percepiva se stessa e le proprie capacità interattive configurarsi in un certo modo, una volta esperito uno o più eventi significativi, si trova in una nuova posizione alla quale deve adeguare l'intera propria identità. Ovviamente questo processo è lontanissimo dall'area cosciente, e avviene in maniera totalmente spontanea. La rielaborazione e l'evoluzione di modello emozionale a seguito di esperienze avviene indipendentemente dal fatto che si tratti di un'esperienza moralmente definibile “negativa” o “positiva”. Questa a-moralità del sistema elaborativo ci spiega l'apparente incoerenza che si riscontra nelle dinamiche relazionali e nelle evoluzioni del carattere della persona. Quando un individuo vive una sequenza esperienziale, la sua interpretazione sarà condizionata dall'assetto del proprio modello; l'interpretazione e l'adeguamento della sua identità verrà segnata dall'esperienza vissuta anche se l'esperienza risulta dolorosa. Se il modello reputa funzionale un determinato dinamismo, esso entrerà in gioco anche se esso non conduce a un livello di benessere, ma anzi a un inasprirsi della sofferenza stessa.

Riassumendo, possiamo formalizzare questo dinamismo dove abbiamo un modello emozionale che permette primariamente una certa gamma di sviluppi esperienziali, e dove altre aree di sviluppo si attivano se l'individuo impatta con esperienze che rompono lo schema del modello emozionale stesso. Ne risulta che un dato modello di per sé non ammetterebbe lo sviluppo della personalità in maniera diversa da quella predefinita, se non per fattori incidentali. L'incidentalità non è da confondere con la casualità, in quanto essa determina la porzione di realtà visibile e percepibile, assieme alle rappresentazioni di problema e soluzione. Spesso le persone espongono problematiche fittizie, che vedono come reali, ma di cui intuiscono l'evanescenza. L'individuo frequentemente focalizza un problema ma ne intuisce un più importante corollario di cui non è in grado di dare definizione; questa condizione ci fa intuire che la persona tenta di restringere il ventaglio di pertinenza di una difficoltà emozionale, ma di fatto ne “sente” un'ampiezza assai diversa. Quest'ampiezza è una porzione di variabili strettamente definite dal modello emozionale e dal range di interpretazioni che questo ammette. Questa visione travalica la concezione di patologia come insieme di sintomi ed espressioni isolati rispetto alla totalità esperienziale e relazionale del modello emotivo. L'individuo esprime, per esempio, la difficoltà di un'ansietà quando invece essa è la conseguenza finale di un processo emozionale che nasce da una lacuna di modello emozionale e nella conflittualità di un assetto auto-negatorio confluisce in un conflitto ansioso come risultato e comunicazione della lacuna stessa. Quella che per la psicanalisi tradizionale è stata inquadrata come patologia, per il nostro approccio teorico è dinamismo comunicativo della lacuna del modello. Con questo orientamento, andiamo a comprendere che una sofferenza di un individuo è l'emersione di una difficoltà dovuta a una inadeguatezza generica o specifica di una o più aree del modello emozionale. Egli non ha realtà esperienziale da opporre; alla lacuna del modello corrisponde, come conseguenza, la limitazione della capacità interpretativa e dell'ampiezza di possibilità nell'orizzonte normativo, comportamentale e linguistico. Come possiamo intuire, ci si trova con un orizzonte di reazioni e possibilità di sviluppo limitate.

La destrutturazione della visione proiettiva dell'individuo

Anzitutto, bisogna far comprendere all'individuo che la maggior parte delle sue certezze, identificazioni e sensazioni non sono altro che il frutto di un'attività proiettiva naturale e spontanea. Quest'attività “ri-educativa” può essere difficoltosa e irta di imprevisti, perché la sensibilità del soggetto è proporzionale al grado della sua sofferenza, e, parimenti, la sua reattività a percepire realtà diverse da quelle da lui focalizzate. In questa fase, sarebbe utile avvalersi di una moltitudine di esempi e casi pratici per indurre nell'individuo riflessioni orientate, astenendosi con grande attenzione dal dargli delle definizioni cognitive direttamente collegate al suo stato. Il presupposto di questo assetto si basa sull'enorme capacità elaborativa della mente umana, la quale, anche se apparentemente deviata nella percezione di una patologia, riesce comunque ad avere una struttura genealogica precisa rispetto alla sorgente patologica e alle sue derivazioni simboliche e comportamentali. Dobbiamo ricordare che il processo di patologizzazione, in ultima analisi, è un composto scalare tra un assetto emozionale, la cui dominante è la paura e le sue derivazioni associate a stati e comportamenti dell'entourage sociale dell'individuo. In poche parole, una patologia può sempre essere ricondotta a uno stato di paura. L'individuo, anche se solo a livello intuitivo, è in grado di discernere e ricondurre funzionalmente a sé le informazioni che si trova ad assorbire.

Evoluzione e reazione dell'entourage

L'evoluzione che avviene nel soggetto che diviene consapevole delle proprie dinamiche emotive, si troverà a fronteggiare un sistema di reazioni dell'entourage, il quale, percependo le piccole variazioni delle nuove risposte emozionali della persona, percepirà che essa sta cambiando. Tale mutamento spesso è foriero di paure e alterazioni del comportamento da parte degli individui dell'entourage. Questa reazione svolgerà una pressione contraria all'evoluzione del soggetto, che si sentirà maggiormente bersagliato dagli atteggiamenti di reazione esterni. L'individuo, quando compie un passo verso il proprio progresso evolutivo, si trova ad affrontare una mutazione quantitativa e qualitativa delle dinamiche relazionali di chi lo circonda. Infatti, i soggetti con cui egli interagisce percepiscono un cambiamento quando, invece, la loro aspettativa è ancorata ai comportamenti e alle difficoltà del soggetto precedenti alla sua evoluzione. Pertanto, costoro tenderanno a rifiutare i nuovi comportamenti e atteggiamenti, aumentando la pressione e richiedendo i feedback abituali. A questo punto, il soggetto si troverà in una doppia morsa: da un lato, la pressione esercitata dal proprio entourage, rispetto alla quale sente di dover dare giustificazioni, che alimenta il senso di colpa dell'individuo per l'evoluzione e il cambiamento avvenuto, e dall'altro lato, la pressione endogena che nasce come funzione difensiva rispetto agli attacchi esterni divenuti evidenti. La pressione esterna in realtà aiuterà l'individuo, con una certa proporzionalità, a consolidare la propria evoluzione, determinando un nuovo assetto relazionale che produrrà nuove esperienze. Queste nuove esperienze rappresentano l'effettiva evoluzione emotiva e identitaria della persona. Riassumendo, possiamo facilmente riscontrare come con una relativamente piccola variabile di percezione emozionale si riesce a indurre un'ampia catena evolutiva esperienziale irreversibile. Infatti, questo stesso dinamismo lo possiamo osservare nelle condizioni esperienziali distruttive, dove, data una certa predisposizione emozionale, l'installazione di una dipendenza avviene in analogo modo graduale, un crescendo dove un piccolo stimolo viene simbolizzato e avvia una catena comportamentale.

Generazione della visione di sé

Frequentemente, le lacune esperienziali e di modello emotivo dell'individuo impediscono concretamente lo sviluppo di alcune aree della personalità. La visione di sé risulta quindi prodotta sulla base di un sistema che vede il bisogno di misurare il proprio grado di “normalità”, dove, nell'assunto del dubbio di essere come gli altri, l'individuo inizia a confrontarsi e a valutarsi. Questa auto-valutazione (comunemente e abusivamente definita autostima) viene attuata in chiave astratta e impersonale. L'effetto macroscopico che questo dinamismo produce è la generazione di una visione di sé che si costruisce proprio in funzione della percezione e della misurazione della propria normalità (e adeguatezza). Accade quindi che questa immagine costruita sulla percezione delle lacune risulta funzionale nell'intento di compensare le lacune stesse. Dobbiamo però ricordare che queste lacune sono proiettive e/o simboliche e, pertanto, non reali. A seguito di questo dinamismo, l'individuo produce una rappresentazione di sé secondo la quale attua una serie di proiezioni e segnali, inconsapevoli e automatici. Queste proiezioni, come sappiamo, determinano univocamente dei comportamenti, che modellano interattivamente la relazione con l'entourage. L'attività relazionale conseguente genera i dinamismi di antipatia/empatia, comprensione/incomprensione, avvicinamenti/distanze, in un quadro in cui spesso non si comprende consapevolmente il perché di determinate reazioni. Questi dinamismi che definiscono degli equilibri nelle relazioni individuali nell'entourage vengono a ripetersi e consolidarsi nel tempo, divenendo una componente stabile nella percezione dei rapporti, sulla base della quale l'individuo struttura la propria misurazione di sé (autostima). Riassumendo, la valutazione di sé (che è un atteggiamento della negatorietà) induce l'individuo a selezionare e filtrare le proprie relazioni, adattando inconsapevolmente l'entourage alla propria rappresentazione di sé. Questa condizione stabile, anche quando è configurata nella dimensione del disagio e della conflittualità, si sedimenta e si consolida nel tempo; diviene consuetudine e viene percepita come “normale”.

È comprensibile quindi che si generi un circolo autoreferenziale tra l'emissione dei segnali della rappresentazione proiettiva del soggetto e le abitudini relazionali con l'entourage. Riassumendo, l'individuo si trova immerso in un ambiente che, a prescindere dalla qualità e dal valore delle relazioni, legittima e consolida la percezione di sé, anche se questa è alterata e/o fonte di sofferenza. Per esempio, se un soggetto si rappresenta, anche se inconsapevolmente e implicitamente, come vittima, andrà a produrre una serie di atteggiamenti che provocheranno nell'entourage una conferma di questa sua rappresentazione, che si cristallizzerà come abitudine, normalità e quotidianità, in quanto egli riceverà dei feedback coerenti e unidirezionali. Nel momento in cui l'individuo evolve, come accennavamo sopra, l'entourage si trova davanti a una mutazione, in quanto vengono emessi dei segnali differenti che lo obbligano a modificare i suoi feedback; il tentativo da parte dell'entourage sarà quello di riportare tutto alla presunta normalità (nel caso dell'esempio, a riconfermare la rappresentazione dell'individuo come vittima), ma dopo un certo numero di risposte emotive e relazionali differenti, anche l'entourage si troverà nella condizione di accettazione/adeguamento rispetto al cambiamento dell'individuo. Quando parliamo di adeguamento comportamentale, non ci riferiamo necessariamente a una forma di accettazione positiva, ma includiamo anche forme di rifiuto e di allontanamento, che però saranno comunque subordinate e conseguenti ai diversi segnali emanati dall'individuo che sta evolvendo il proprio modello emozionale.


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