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Regola e trasgressione

Senza addentrarci nello specifico nella letteratura che ha trattato le dinamiche sociali di regola e trasgressione, proviamo a tratteggiare il legame tra queste dinamiche e la reiterazione del modello emotivo individuale. Molti comportamenti della quotidianità vengono agiti perché fanno parte di una consuetudine; essi sono funzionali per qualche scopo e, a livello di collettività, si conformano come regole. Alcune di esse sono consapevoli e importanti, altre sono minori e spesso inconsapevoli. Nell'educazione buona parte dei comportamenti degli adulti sono rivolti a trasferire nel giovane queste funzionalità prestabilite e sociali (regole) come soluzioni per ottenere determinati scopi. La regola si configura, quindi, come una sintesi funzionale legata all'esperienza e da essa estrapolata. Nel quadro del modello emotivo, le combinazioni di risposta agli stimoli ambientali non sono infinite, bensì strutturate nella specifica ampiezza linguistica e comportamentale all'interno del Superego. Perciò, le possibilità operative ed evolutive dell'individuo sono subordinate ai regolamenti superegoici; accade, quindi, che le risposte possibili a un dato stimolo siano due, ossia l'accettazione o la negazione dello stimolo stesso. La dualità degli atteggiamenti adottabili coincide con l'assetto emozionale che si stabilisce alla ricezione dello stimolo, dove, quando domina l'emozione primaria della curiosità evolutiva (attrazione), l'individuo affronterà la situazione; al contrario, quando domina l'emozione primaria della paura (repulsione), l'individuo tenderà a rifiutarla.

La scelta tra l'accettazione e la negazione verrà effettuata sulla base delle esperienze vissute più vicine e pertinenti allo stimolo a cui bisogna rispondere. Il criterio con cui si configura la risposta nel modello emotivo si basa sullo “storico della soddisfazione”, dove la soddisfazione è identificabile nel grado di appagamento di spinte primarie, come l'attenzione e la conflittualità. In altre parole, la mente, nel suo complesso, focalizza sempre, consapevolmente o meno, uno scopo o un obiettivo, secondo il quale struttura una specie di percorso composto di pensieri, atteggiamenti e comportamenti. Questi percorsi sono l'esito di una cooperazione tra l'esperienza nell'identità e le regole/linguaggio del Superego, che permettono la realizzazione di un comportamento funzionalmente efficace alla reiterazione del modello emotivo e non necessariamente alla riuscita dell'interazione relazionale reale o proiettiva che sia. Comprendiamo quindi che l'individuo che compie scelte o assume comportamenti ne focalizza sempre uno scopo, anche quando questo sia astratto e indiretto; questo scopo si definisce come esito dell'assetto emozionale in stretta relazione con le dinamiche relazionali dell'attenzione acquisite da colui che ha trasmesso i regolamenti inerenti alle scelte e comportamenti. L'individuo adotta un comportamento perché l'ha imparato trasmesso da qualcuno con cui si è sviluppata una specifica dinamica dell'attenzione (gratificante o conflittuale che sia).

Le dinamiche dell'attenzione, seppure opposte nella polarità, rappresentano il grado di abilità dell'individuo nell'interazione; quindi, esse sono il metro di misura che l'individuo inconsapevolmente adotta nel percepire la propria potenza relazionale. La funzionalità di ottenere e/o mantenere determinati equilibri di soddisfazione del modello emotivo è l'orientamento che indica la polarità delle nostre scelte, ossia, trasposto nella relazionalità sociale, il meccanismo diretto e inverso del conformismo e dell'anticonformismo: regola e trasgressione.

Il meccanismo della trasgressione ha anche una particolare funzionalità soprattutto nel periodo adolescenziale, dove la richiesta di attenzione non esaurisce il bisogno evolutivo, ma ne è una componente non dominante. In questo periodo, l'individuo identifica ed è obbligato a integrare nella propria esperienza una grande quantità di regolamenti sociali, dei quali egli ha esperito molto poco e rispetto ai quali percepisce la propria inadeguatezza. L'adolescente deve comprendere il senso delle regole comportamentali e soprattutto i loro limiti; per fare questo, egli deve riprodurre e trovare i limiti di questi regolamenti e la cosa che vogliamo sottolineare è che i limiti di un regolamento si scoprono solo trasgredendolo. Si potrebbe pensare che la cognizione e l'osservazione delle esperienze altrui sia sufficiente, ma purtroppo non è così, in quanto la maggior parte delle esperienze relazionali non sono osservabili perché sono dinamismi emotivi personali e, spesso, non esteriorizzati.

In questo quadro, quindi, la trasgressione si configura come un agire che consolida e legittima la riproduzione della regola stessa, pur vivendo nell'atto trasgressivo la percezione di se stessi in una rappresentazione di sé evolutiva e/o rivoluzionaria. La trasgressione, infine, si rivela essere un comportamento di tipo integrativo: la regola viene introiettata e perde il suo peso coercitivo imposto dalla società. Diverse teorie filosofiche (tra cui quelle di Marcuse o di Foucault) sostengono che forme di trasgressione come espedienti estetici o “sfoghi” ideologici sono addirittura stimolate dagli stessi regimi politici, proprio per dare l'illusione alla popolazione di essere libera di poter esprimere il proprio parere e la propria personalità.

Per citare Marcuse in Eros e civiltà (1955):

Anche la moderna psicologia del consenso, sia nel controllo della sfera del consumo come in quello della produzione, tende a diventare perfetta quando il consenziente ha la certezza di avere veramente scelto, la coscienza di avere scelto da solo, e la virtuosa consapevolezza di essere giunto all'unica soluzione corretta mediante il corretto impiego di strumenti di scelta tecnicamente neutrali.

Secondo queste visioni, quindi, le trasgressioni sarebbero concesse e addirittura istigate per garantire la continuità del conformismo e per lasciare credere agli individui di poter realmente compiere degli autentici cambiamenti rivoluzionari. Per citare il nostro Giuseppe Tomasi di Lampedusa, “bisogna cambiare tutto per non cambiare nulla”.

 

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