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I paradossi dei dinamismi del modello emotivo

Se un individuo adotta un atteggiamento negatorio nei confronti di un'esperienza è solo perché intimamente si sente impreparato; quindi, se da un lato necessiterà fortemente di sperimentare per evolvere quella lacuna emotiva, dall'altro la possibilità di compiere esperienze dipenderà dal livello di paura insito nel suo personale modello. Quando parliamo di paura intendiamo un'emozione primaria che, in quanto tale, rimane seppellita nella moltitudine di dinamismi emotivi secondari (sentimenti). Pertanto, è assai frequente che l'individuo non riesca in maniera diretta a riconoscere il manifestarsi di questa emozione, ma, risalendo ai costrutti proiettivi, si arriva a comprendere che l'attivatore dei sentimenti è proprio la paura. A causa di essa, spesso gli individui tendono a cercare dei motivi “fuori” da se stessi, ossia ragioni, spiegazioni, argomentazioni che divengono sostegno alle condizioni generate dalla paura stessa. Possiamo quindi comprendere che il sistema proiettivo è totalmente funzionale ai dinamismi vitali della persona, siano essi subordinati alla paura o alla straordinaria capacità derivante dalle spinte della curiosità evolutiva. Le emozioni vengono vissute unite alle motivazioni di cui si vestono; queste ultime sono spesso percepite come un qualcosa di oggettivo in grado di giustificare concretamente le nostre azioni. Spesso l'individuo non si accorge di definire e oggettivare quello che il proprio stato emotivo ha convogliato in stato proiettivo; non riconoscendo l'aspetto soggettivo della propria attività emotiva e, successivamente, proiettiva, egli, nel tentativo di trovare risposte a uno stato di disagio, concepisce un'oggettivazione basata su motivazioni solo presunte reali. Ciò avviene attingendo dagli stereotipi collettivi per prevenire o condiscendere gli stereotipi stessi. Nel tempo, nelle articolate funzionalità linguistiche e normative del Superego, si stratifica un sistema “a serbatoio” di tipo autoreferenziale, dove gli stereotipi vengono a nutrirsi, a sostanziarsi e infine a legittimarsi.

Metaforicamente, nella nostra cultura coltiviamo funzionalmente molti stereotipi con l'inconsapevole scopo di mantenere in equilibrio i nostri dinamismi emotivi. Accade quindi, frequentemente, che nell'intento di compensare l'emozione primaria della paura, l'individuo si trovi a formulare percorsi dove gli stereotipi tendano a dimostrare l'abilità di cui l'individuo si sente lacunoso (ricordiamo che sentirsi inadeguati non significa esserlo). In questa rappresentazione compensativa, l'individuo adotterà comportamenti e impiegherà energie per colmare una lacuna che è solo presunta tale e la cui consapevolezza è condizionata e definita dalla paura stessa (circolo vizioso della compensazione proiettiva). Questo tipo di attivazione, che mira a compensare, può trovare degli ostacoli nel proprio percorso; quando ciò accade, l'individuo non può dismettere l'emozione che produce il bisogno, ma dovrà attuare una correzione del percorso. Accade perciò che le soluzioni compensative verso una presunta lacuna possono assumere due direzioni contrapposte, l'una rivolta a dimostrare che la lacuna sia infondata e l'altra intenta a verificare e dimostrare la legittimità della lacuna stessa.

L'individuo può, quindi, adottare una serie di comportamenti in apparenza validi e valoriali ma produrre, contemporaneamente, un proprio stato mentale ed emotivo fortemente negatorio e distruttivo. In altre parole, quando l'individuo adotta schemi e comportamenti compensativi, entra in uno stato di performance che “deve” agire per “dimostrare-che”, ma sottoponendosi a un regime di grandissima fatica con tutte le conseguenze correlate (ansie, stress, somatizzazioni, angosce, panico,...).

Il soggetto può perfino arrivare a credere di adottare un atteggiamento valorizzante e, sotto la pressione di una grande performance, nel tempo, la fatica prende il sopravvento e commuta il comportamento da performante/eroico-vincente a vittimistico/eroico-sacrificale. In questa raffigurazione dei dinamismi rivolti a compensare le percezioni lacunose della persona, notiamo che l'individuo identifica obiettivi e performance che, scaturendo come soluzione di un problema, per loro natura nascono e crescono in un quadro di negazione più generale dell'individuo stesso, in quanto l'assunto di base è che egli si percepisce come inadeguato, sbagliato, diverso, insufficiente, eccetera. È naturale che gli obiettivi e le performance, così strutturati, vivono in funzione delle lacune che dovrebbero compensare, alimentandole, dimostrandone l'oggettività di valore e determinando perciò il fallimento degli obiettivi e delle performance stesse. Assistiamo assai frequentemente a dinamismi difensivi attuati dalle persone che ci circondano e anche dalla collettività stessa; ai primi appartengono tutti quei comportamenti che possiamo inquadrare nel concetto di prudenza, alla seconda appartengono tutte quelle condizioni legate al concetto di bene. In queste strutture, dove la funzionalità è il tentativo di garantire il successo qualitativo delle cose, si insinua un presupposto con dei risvolti oscuri, ossia l'assunto che di per sé le azioni individuali siano negative.

Accade quindi che, se io sento il bisogno di una maggiore esperienza in un dato ambito e chiedo a qualcuno di condividere l'esperienza, egli si sentirà invaso e tenderà a sottrarsi da questa richiesta (sistemi difensivi attuati dalle persone), rispondendomi con una negazione, diretta o sofisticata che sia. Questa condizione negatoria ovviamente non esaurisce la totalità dei comportamenti, ma dobbiamo riconoscere che i comportamenti di accettazione incondizionata si attuano solo in due condizioni: una di tipo seduttivo-relazionale (l'accettazione avviene perché l'individuo è già collocato nella categoria del proprio entourage) oppure seduttivo-sentimentale. I risvolti della negatorietà come sistema difensivo-reattivo e difensivo-preventivo sono enormi e, come effetto generale sull'individuo nella sua crescita, ambientazione e percezione delle proprie abilità, sono spesso disastrosi. Non dobbiamo però considerare questi meccanismi negatori come unicamente fenomeni negativi o positivi, in quanto hanno una funzionalità selettiva; il loro potere è il risultato delle proiezioni di chi subisce questi meccanismi difensivi, che sono proiezioni legate alla paura dell'individuo che proietta.


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