NON PSICOLOGICA

 

Sito di contenuti sul funzionamento

della mente umana

 

 

 

                           Evoluzione interiore del Modello Emozionale interiore.

 

 

Che cosa serve per il benessere della persona? Prima di tutto quello stato che possiamo definire l'indipendenza emotiva. Ossia la capacità di non sentirsi vincolato alle pressioni e aspettative altrui. Questo non significa divenire una persona insensibile, anzi, al contrario, sviluppare la sensibilità di capire le proiezioni proprie e altrui e ricollocarne il senso e il significato correttamente. Significa comprendere e integrare nel proprio quotidiano la comprensione limpida del proprio sistema proiettivo e come questo contamina/influenza le relazioni, permettendoci di attuare correzioni laddove non sia sensato, o utile al benessere, aver prodotto un dato comportamento. L'indipendenza emotiva non rende perfetti, ma rende capaci di riconoscere ed integrare (ed evolvere pure), i propri limiti ed inefficienze. Una persona emotivamente indipendente sarà sempre in grado di rifocalizzarsi davanti alla maggioranza degli eventi della vita e, da sola, sarà capace di regolare i propri sviluppi. Il complesso sistema del modello emotivo è costruito per trasmettersi nelle generazioni familiari e mantenersi in continuo adattamento ambientale secondo la propria costituzione. Ma dobbiamo considerare che questo adattamento non è di tipo evolutivo, ma al contrario, un adattamento conservativo. Per l'essere umano, nella complessità del funzionamento della mente, si aggiunge la forza e il condizionamento della struttura cognitiva (che per ora crediamo non ci sia per gli altri esseri viventi o forse si), con la potente articolazione della cultura e i suoi stereotipi. Nella cultura della nostra società l'adattamento che il modello emotivo cerca di costruire, è relativo e congruo al proprio specifico grado di indipendenza (oppure dipendenza). Esso cercare di focalizzare e conseguire quello che ci serve, secondo le rappresentazioni proiettive che abbiamo acquisito durante il costituirsi del sistema familiare e a prescindere dalla volontà, siamo  programmati a riprodurre. A turbare/influenzare questi processi c'è la porzione dei significati culturalmente infusi, che si inquadra come 'la morale' assieme alle strutture degli stereotipi sociali, che sappiamo interferire nei rapporti interpersonali e condizionare e distorcere le proiezioni individuali. Tutto questo rappresenta la catena di ingranaggi che trasmettono la costruzione della identità e della personalità individuale. Contrariamente a molte credenze diffuse, nessuna condizione di sviluppo della personalità e temperamento riguarda fattori predisposti come quelli genetici o in qualche modo naturali. Queste generali definizioni descrittive della persona sono la complessa risultanza di elementari schemi emozionali. Ne risulta che abbiamo da comprendere che gli stati di sofferenza sono intrinsecamente generati nelle concatenazioni proiettive, nelle quali la persona, non avendo coscienza di questo sistema, non riesce ad inquadrare il senso e la concatenazione emotiva che li genera. Ovviamente, risulta palese che quando sfugge la comprensione dell'origine di una sofferenza, non si riesce quindi a comprendere come elaborare e cambiare gli assetti interiori che fanno soffrire. Oltre a quanto già scritto, l'indipendenza emotiva serve anche a limitare l'influenza deviante della cultura e delle pressioni sociali/relazionali, che rappresentano una potente influenza distorsiva nella generazione delle proiezioni. In questo capitolo tralascerò di entrare nello specifico di quanto riguarda gli stereotipati 'bisogni della persona', come ad esempio vennero definiti dal famoso studio di Maslow, in quanto elementi insignificanti e soprattutto “derivati” del sistema emotivo stesso. Nel momento in cui la persona è cosciente dei processi emotivi e relative proiezioni, può rielaborare il valore e la priorità dei bisogni rappresentati, pertanto la loro oggettivazione decade completamente. A questo si aggiunga che i bisogni di una persona sono comunque la conseguenza dell'effetto che gli stereotipi e le pressioni relazionali familiari generano nel sistema emotivo/proiettivo, pertanto esse sono un mero derivato che, se compreso correttamente, pone i bisogni come ininfluenti nella comprensione delle dinamiche mentali. Si potrebbe contestare che la maggioranza delle persone vive e reagisce sulla base di questi bisogni, ed è sicuramente vero, ma non dobbiamo confondere la conseguenza con l'origine. Il funzionamento di un sistema si configura su una complessa sequenza di fatti, alcuni generatori e altri derivati, intrinsecamente legati gli uni agli altri, ma non per questo interscambiabili di priorità e ruolo. In questo senso capiamo che le dinamiche emotive primarie, per quanto inconsapevoli, sono il motore concreto di tutto il resto, e le attività proiettive rappresentano l'effetto concreto e visibile della attività emozionale che generalmente non si riesce a percepire. Così come non possiamo manipolare direttamente le emozioni primarie, possiamo invece deviarne l'effetto, comprendendo le proiezioni e riformulando e/o rigenerando quindi l'esperienza vissuta. Quest'ultima invece, ha un potente effetto diretto nell'evolvere e modificare le dinamiche emotive primarie retroattivamente. In parole povere, applicando una “reverse engineering” (ingegnerizzazione inversa) possiamo interagire e influenzare il motore primario di tutto; controllando l'esperienza per modificare le dinamiche emozionali primarie.

Culturalmente siamo portati a pensare le due emozioni primarie come positive o negative, ma come abbiamo letto nello specifico capitolo ciò non corrisponde alla realtà. Le due emozioni sono un sistema che polarizza e definisce cosa proiettiamo e lo scopo è l'omeostasi di ciò che si è appreso. E' intuitivo comprendere quindi che per ottenere un benessere c'è da rifocalizzare cosa proiettiamo come sofferenza, in un quadro dove il dolore, spesso è parte integrante dell'omeostasi, e rappresenta una componente che non vuole essere modificata/cambiata. La mente proietta un disagio, che invece produce per funzionalità attiva e soddisfacente gli schemi appresi. In questa comprensione tutti i processi vittimistici di cui abbiamo letto non rappresentano affatto un problema ma (molto spesso) la spontanea soluzione a necessità e bisogni, che ragionati cognitivamente sono semplicemente assurdi, ma nella realtà sono la guida sotterranea di tutti i processi mentali di una persona. Tutti noi ne siamo coinvolti e viviamo immersi in questa dinamica interiore e questo 'Matrix' non è facile da capire ed elaborare.

 

 

 

 

Sito di divulgazione e pubblicazione culturale
I contenuti pubblicati in questo sito sono di proprietà intellettuale di Alberto Bonizzato
In collaborazione con: Laura De Biasi e D.ssa Maria Russo
Contatto: alberto@non-psicologica.org