NON PSICOLOGICA

 

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                                         Il complesso di inferiorità

 

In questa pagina parleremo di una relazione molto stretta, ossia quella tra la rappresentazione proiettiva di e la rappresentazione proiettiva che ogni persona applica sugli altri. Nella visione comunemente accettata, ciascuno di noi attua continui confronti con le persone che frequenta, con il proprio partner, con i colleghi di lavoro, con gli amici e, in questo continuo misurarsi, si viene a creare una rappresentazione del nostro collocamento in un'articolata scala del valore. Questo dinamismo relazionale è inconsapevolmente e continuamente presente. Esso non è da considerarsi qualcosa di negativo, ma rientra esattamente nel quadro di un sistema di valutazioni assorbite dal proprio contesto familiare e attivato in continuazione nella spinta del Modello Emozionale. Raramente il genitore riesce a evitare di sviluppare comportamenti di confronto, perciò risulta inevitabile che i figli li assorbano e di conseguenza li riproducano. Possiamo con ragionevole semplicità affermare che tutti viviamo in un sistema di relazioni dove il confronto è uno dei parametri continuamente attivi e che il suo effetto e funzione, è darci comprova delle nostre proiezioni. L'effetto di questo è un aumento dell'attività comportamentale di ricerca di segnali emessi dalle persone, in risposta al proprio bisogno di confronto, rendendo più evidenti e macroscopici quei segnali e comportamenti che si stanno cercando. Sinteticamente potremmo dire che il mio assetto emotivo mi spinge a cercare i difetti degli altri per dimostrare che io sono più bravo o meno bravo. In diversi modi, questi segnali di confronto che troviamo sulle altre persone, vengono poi utilizzati (a seconda del contesto) per dimostrare la mia inferiorità oppure per dimostrare la mia superiorità; in ogni caso siamo al cospetto di una meccanica mossa da un pregiudizio nel quale mi risulta difficile collocare il mio valore e non aver bisogno di confrontarmi. Questo sbilanciamento, determina la necessità di essere compensato.

 

Tuttavia, la compensazione, focalizzandosi sulla comparazione con gli altri, non produce l'effetto desiderato, perché paradossalmente l'attività che viene svolta, spinge l'individuo ad aumentare l'attività comparativa stessa. Questa spirale crescente genera una drammatizzazione ed esasperazione della sensazione di inadeguatezza, definendo un circolo vizioso inconsapevole che implica una notevole attività su molti fronti. Per esempio, questo dinamismo produce forti spinte nell'ambiente di lavoro, con processi di invidia e di competizione continui, nell'imprenditoria determina molti processi distorti nella gestione dei lavoratori, difficoltà a motivare le persone e dare loro obiettivi, nella famiglia genera forti conflittualità sia tra i coniugi e soprattutto tra i figli e potremmo elencare molte altre drammaticità. Le persone con questa componente, nei decenni scorsi venivano incasellate come sofferenti del  disturbo patologico sotto il nome di “complesso di inferiorità”. Molto è stato scritto su questo e molti errori sono anche stati fatti in conseguenza.

 

Dobbiamo comprendere che l'esasperazione di uno stato comportamentale ha e mantiene un carattere prettamente funzionale; pertanto, non muta la sua natura in “malattia”, bensì evidenzia una “sete” di appagamento specifica. Questa “sete” ha dei contenuti di natura ben diversa dalla patologia; essa rappresenta la focalizzazione di un Modello Emozionale relazionale lacunoso, dove il confronto e la percezione di inferiorità del soggetto sofferente sono l'automatismo del proprio assetto, che agisce per compensare una specifica lacuna esperienziale. Nel momento in cui attuiamo un incasellamento come patologia dell'aspetto evolutivo comportamentale spostiamo l'attenzione terapeutica su un “ologramma” esterno di comunicati che non sono “il problema”, ma unicamente una focalizzazione drammatizzata. Un'analoga focalizzazione di rappresentazione relazionale “normale” è l'identificazione della competitività e della competizione come atto. In questo dinamismo, più precisamente sociale, si evidenzia l'effetto collettivamente accettato di un potente sistema di confronti che l'individuo ha ricevuto come addestramento e in cui addirittura crede. Similmente al complesso di inferiorità, l'esasperazione della competizione viene riconosciuta come anomala solo quando aumenta il suo peso e diviene moralmente negativa; non dobbiamo però dimenticare che la struttura che la attiva è esattamente identica e cambia solamente il quantitativo, come in tutte le cose che eccedono in misura. I meccanismi di confronto, di invidia e di competizione che troviamo a livello individuale rappresentano un sistema che viene promosso con abbondanza dalla collettività prima di ogni altro valore. La competizione e il confronto fanno parte dell'esercizio del potere agito attraverso il sistema negatorio, in quanto il proprio valore passa attraverso la dimostrazione che colui con cui ci stiamo confrontando è al di sotto o al di sopra di noi; in ogni caso, uno dei due soggetti risulterà negato nel suo valore sociale. La selezione per confronto che viene prodotta da questo complesso sistema (la relazionalità competitiva), risulta un fenomeno negatorio rispetto alla propria stessa possibilità di evoluzione; oltre che risultare isolante nello sviluppo della relazionalità, che è un nostro importante bisogno primario.

 

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