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Morale ideologica e il suo opposto: il pragmatismo funzionale

 

E' sempre interessante vedere come viene usata la morale nei rapporti umani, perché è palese il suo intrinseco esercizio del potere. Le persone quando fanno qualsiasi cosa, sono preoccupate dal problema di sbagliare, anche quando non se ne accorgono e questa paura anche se latente, viene convertita in formule di comunicazione che in qualche modo definiscono un atteggiamento morale. Non c'è nulla di sbagliato o particolarmente negativo, ma fin qui abbiamo compreso come questa moralizzazione del comportamento sia l'effetto finale di una paura latente, pervasiva. Dopo questa pappardella sulla morale qualcuno si chiederà se esiste una alternativa alla morale e la risposta è si, ed è sotto gli occhi di tutti tutti i giorni. Si definisce pragmatismo.

 

Significato della parola: Da Wikipedia.org, l'enciclopedia libera. Per pragmatismo (dal greco πρᾶγμα  pragma "fatto concreto") si intende un movimento filosofico il quale sostiene che l'attività concreta, intesa nel senso di un comportamento in ambito sociale, politico o scientifico diretto alla realizzazione di un fine concreto, esercita un primato su quella teoretica astratta o etico-morale. Questa corrente di pensiero si afferma verso la fine del XIX secolo negli Stati Uniti e successivamente si diffonde anche in Europa. Il pragmatismo fu la prima filosofia americana elaborata autonomamente. Il padre ispiratore di questa corrente di pensiero fu Ralph Waldo Emerson, considerato un protopragmatista o anche un vero e proprio pragmatista : i suoi fondatori furono Charles Sanders Peirce e William James. Il filosofo e pedagogista americano John Dewey, tornando fra l'altro ad una personale rilettura di Emerson, elaborò il pragmatismo in una nuova filosofia che chiamò Strumentalismo.

 

Nella nostra quotidianità si applica normalmente il pragmatismo quando facciamo qualsiasi cosa con uno scopo e siamo in una condizione priva di forme di allarme. In pratica tutte quelle attività consuete che abbiamo fatto molte volte, dove l'esperienza accumulata è sufficiente ad aver elaborato/smorzato l'attività emotiva primaria.  Quando guidiamo un automobile, quando si cucina qualcosa di semplice, quando beviamo un caffè, quando camminiamo, ecc. In questo senso l'individuo applica sequenze di azioni e scopi dove non viene attivata alcun allarme emotivo, pertanto non si attiva alcuna moralizzazione e l'individuo è in pieno equilibrio interiore. Non è per nulla banale pensare ad un atteggiamento pragmatico in un area delle nostre azioni dove sussistano delle insicurezze, delle paura o si è esposti al giudizio degli altri, perché in queste situazioni si attiva l'emozionalità primaria, si focalizza la paura di sbagliare e la moralizzazione preventiva di tutto il contesto parte come un razzo, automaticamente. Quando si è sotto pressione tutto diventa difficile e la mente cerca soluzioni e compensazioni per gestire e controllare l'attivazione emozionale. La parte cognitiva formula molti pensieri e strategie con lo scopo di dare un po' di benessere. Tuttavia, spesso con il pensiero applicato non si riesce ad avere un effettivo abbassamento dello stress emotivo.  Per quanto possa però sembrare difficile applicare un controllo emozionale, si può fare, ma solo quando la persona è consapevole delle proprie emozionalità. Se ne possono avere moltissimi esempi in due particolari condizioni. Una è la cosiddetta condizione del principiante (fortuna del principiante) un'altra è il comportamento dei bambini. La più interessante è sicuramente quest'ultima. Fino alla fine dell'adolescenza non è raro osservare che per i bambini e i ragazzi fanno moltissime cose per la prima volta e per loro il livello di attivazione/proattività è altissimo, pertanto essendo così ben motivati, le dinamiche della paura spesso sono bassissime e il moralismo non emerge quasi mai. Siamo davanti ad un assetto totalmente pragmatico in quanto il bambino si cimenta con l'imparare una cosa e la sua mente non focalizza la paura di sbagliare o il giudizio ma l'obiettivo di sviluppare quella abilità. Questa rappresentazione così positiva e generalizzata spesso però si scontra con la realtà culturale e purtroppo, è altrettanto frequente vedere bambini fortemente inibiti dalle paure inoculate dai propri genitori apprensivi (che moralizzano le azioni dei figli).

 

 

 

 

 

 

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