NON PSICOLOGICA

 

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                                                    La manipolazione nella realtà 
                                                                                    (autore: Alberto Bonizzato)

La maggior parte di noi identifica la manipolazione come un fenomeno comportamentale negativo, moralmente sbagliato e che tende a generare una paura profonda. Normalmente pensiamo a questa attività se pensiamo ad un complotto o una perversione. L'individuo che si pensa manipolato si percepisce impotente e vittima di uno stato fuori dal suo controllo. Ma nei rapporti umani questa condizione si verifica continuamente, ma in maniera non drammatica e senza alcun complotto distruttivo. Nella realtà relazionale, la manipolazione avviene di continuo, attraverso la struttura delle regole morali, del ricatto affettivo e di molti altri comportamenti che siccome non sono gravi, anzi spesso oggetto di scambio affettivo, li consideriamo "normali". Tuttavia, abbiamo da considerare che le notazioni che vengono qui riportate, non intendono in alcun modo porre una giudizio morale negativo su questo fenomeno, ma mettere in luce la realtà dinamica di molti comportamenti e la strumentalità neutra del loro effetto.

 

In questo capitolo, andremo a comprendere i dinamismi emozionali che caratterizzano queste posture del comportamento, che spesso, per certe persone, sono addirittura sistematiche. La manipolazione si verifica quando il flusso di comunicazione non verbale stimola e attiva direttamente forti reazioni nell'interlocutore, mentre nella comunicazione consapevole l'individuo non mostra in modo diretto le proprie aspettative/intenzioni. La parte emotiva viene stimolata in una direzione, ma verbalmente ci si astiene dal condizionare esplicitamente l'interlocutore. La manipolazione appartiene a quel flusso comunicativo delle “intenzioni” e, pertanto, non va collocato come negativo o positivo, in quanto frequentemente la manipolazione è un processo spontaneo e inconsapevole.

Possiamo riconoscere almeno due tipologie di manipolazione: quella genitoriale, che guida e cresce i figli, e quella relazionale tra adulti.

 

Nella prima categoria rientrano tutti i comportamenti attuati al fine di stimolare e indurre comportamenti adeguati, senza passare attraverso la complessità spesso ingestibile delle spiegazioni cognitive. Il genitore ricorre a flussi comunicativi con dominante subliminale dei contenuti “non detti”, come l'aggressività passiva del silenzio, oppure il ricatto affettivo, con l'implicita delusione se il figlio non si comporta nel modo previsto, e così via. .

 

Nella seconda categoria ricadono tutte le concatenazioni dei comportamenti vittimistici e di alcune tipologie dei dinamismi seduttivi/performanti, le quali flussano contenuti di richieste di attenzione anche significative, facendo leva sugli stereotipi (come ad esempio il pianto, la tristezza,l'amore, la felicità, ecc.). Potremmo asserire che, più di altri, tutti gli atteggiamenti che fanno leva sui sensi di colpa tendono a essere forme di manipolazione. Comprendiamo quindi che, a prescindere dal contesto familiare o relazionale tra adulti, la manipolazione tende a essere una struttura comunicativa di tipo negatorio, in quanto attraverso la forza del sentimento utilizzato sovrasta e annulla la volontà della persona che la subisce.

 

 

 

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